Monday, February 2, 2009

CESARE BATTISTI


Il Brasile ha concesso lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti, l'ex militante dei Proletari armati per il comunismo condannato all'ergastolo in Italia per quattro omicidi tra il 1977 e il 1979, la cui estradizione era stata chiesta tempo fa dall'Italia a Brasilia. È attesa a partire da oggi la decisione della Corte suprema brasiliana sul caso Cesare Battisti. Concluse le ferie estive, il Tribunale supremo federale (Stf) si riunirà per valutare se la decisione del ministro brasiliano della Giustizia, Tarso Genro, di concedere l’asilo politico all’ex militante dei Proletari armati per il comunismo comporta o meno il blocco della procedura d’estradizione avviata dall’Italia.


In Italia Cesare Battisti è stato condannato come responsabile di quattro omicidi - tre come concorrente nell'esecuzione, uno co-ideato ed eseguito da altri:
6 giugno 1978 a Udine, Antonio Santoro, maresciallo della Polizia penitenziaria; omicidio di cui fu accusato dal "pentito" Pietro Mutti che poi si assunse la responsabilità diretta dell'azione, "declassando" il ruolo di Battisti alla sola "copertura". Santoro era accusato dai PAC di maltrattamenti ai danni di detenuti.
16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (VE), Lino Sabbadin, macellaio di Mestre; Battisti fece da "copertura armata" all'esecutore materiale Diego Giacomin. Sabbadin si era opposto con le armi al tentativo di rapina del suo esercizio commerciale.
16 febbraio 1979 a Milano, Pierluigi Torregiani, gioielliere; Battisti fu condannato come co-ideatore e co-organizzatore. Nel corso dell'assassinio di Pierluigi Torreggiani venne coinvolto anche suo figlio Alberto, che da quel giorno vive paralizzato su una sedia a rotelle per un colpo sparato dal padre durante il conflitto a fuoco con gli attentatori. Torregiani, il 22 gennaio precedente, aveva ucciso un rapinatore durante una tentata rapina in una pizzeria in cui si trovava con i gioielli che aveva mostrato ad una vendita televisiva.
19 aprile 1979 a Milano, Andrea Campagna, agente della DIGOS; omicidio di cui fu riconosciuto come l'esecutore materiale. Campagna aveva partecipato ai primi arresti legati al caso Torregiani.


Nel 1979 Battisti venne arrestato nell'ambito di un'operazione antiterrorismo di vaste proporzioni e detenuto nel carcere di Frosinone. Il 4 ottobre 1981 Battisti riuscì ad evadere e a fuggire in Francia. Per circa un anno visse da clandestino a Parigi poi si trasferì in Messico. Nel 1990 decise di tornare a Parigi e nella capitale francese frequentò la comunità di latitanti italiani che vi viveva grazie alla dottrina Mitterrand. Poco tempo dopo venne arrestato a seguito di una richiesta di estradizione del governo italiano. Nell'aprile 1991, dopo quattro mesi di detenzione, la Chambre d'accusation di Parigi lo dichiarò non estradabile. La magistratura italiana richiese nuovamente la sua estradizione, che venne concessa dalle autorità francesi il 30 giugno 2004: poco prima il presidente Jacques Chirac aveva palesato il suo consenso all'estradizione. Battisti si rese latitante, lasciando la Francia Venne arrestato a Copacabana, in Brasile, il 18 marzo 2007.




Organizzazioni armate di sinistra in Italia:

Sunday, February 1, 2009

RIVOLUZIONE IRANIANA

Il giorno primo di febbraio dell’anno 1979, 12 Bahaman 1357, un jumbo dell’Air France compare nel cielo azzurroceramica di Teheran, sfiorando le cime innevate dei Monti Alborz. Su quel jumbo, noleggiato a credito, c’è Khomeini, il «profeta disarmato». Ritorna in patria dopo quindici anni di esilio e Teheran sembra impazzita: milioni e milioni di persone d’ogni età e condizione, piangendo inondano le strade.
La Rivoluzione iraniana del 1979 trasformò la millenaria monarchia persiana in una Repubblica Islamica la cui costituzione si ispira alla legge coranica, la sharia. Il regime repressivo dello scià Mohammad Reza Pahlavi conobbe negli anni 1970 un ulteriore inasprimento. Nel 1975 lo scià dichiarò illegali tutti i partiti politici, dissolvendo di fatto ogni forma di opposizione legale e favorendo la nascita di movimenti clandestini di resistenza. A guidare la guerriglia furono all'inizio i fedayyin-e khalgh (volontari del popolo) d'ispirazione marxista, che presto decisero di unirsi ai mujaheddin islamici per coinvolgere nella lotta sempre più ampi strati della popolazione ed allargare così le basi della protesta. Ma il clero sciita divenne in breve tempo l'unico riferimento della rivolta esautorando i gruppi di ispirazione politica. Khomeini dal suo esilio parigino incitava alla rivoluzione, attraverso messaggi registrati su audiocassette che venivano diffuse in tutto il Paese, mentre lo scià compiva l'ultimo disperato tentativo di salvare il suo trono mediante la nomina del democratico Shapur Bakhtiar a primo ministro mentre lasciava temporaneamente il Paese. Reza Pahlavi partì quindi per l'Egitto il 16 gennaio 1979. Le manifestazioni a favore dell'ayatollah si moltiplicavano mentre sempre più numerose erano le diserzioni nell'esercito, che il 12 febbraio annunciò il proprio disimpegno dalla lotta. A Bakhtiar non restò che darsi alla fuga. Khomeini, capo del consiglio rivoluzionario, assunse di fatto il potere, sebbene Mehdi Bazargan assumesse la carica di primo ministro provvisorio. Mentre gli uomini del vecchio regime venivano sommariamente processati e giustiziati a centinaia, il 30 marzo un referendum sancì la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran con il 98% dei voti; vennero banditi bevande alcoliche, gioco d'azzardo e prostituzione, iniziarono le persecuzioni contro gli omosessuali e chiunque assumesse comportamenti non conformi alla sharia. Intanto lo scià, che da tempo era malato di cancro, fu accolto negli USA per curarsi, ma il nuovo potere iraniano, temendo che ciò potesse preludere a un accordo per un intervento americano allo scopo di rimettere sul trono Reza Pahlavi, chiese l'estradizione del vecchio sovrano. Gli USA ovviamente rifiutarono, e ciò innescò manifestazioni di protesta antiamericane da parte degli "studenti islamici". Quattro di essi, ignorando le prerogative diplomatiche, penetrarono nell'ambasciata americana a Tehran e presero in ostaggio circa 50 diplomatici e funzionari. Il 25 aprile 1980 il presidente americano Carter ordinò un'azzardata operazione di salvataggio, che però si concluse disastrosamente con la morte di otto militari statunitensi. La vicenda si concluse nel gennaio 1981 con la liberazione degli ostaggi grazie alla nuova amministrazione Reagan.