Wednesday, November 26, 2008

GROENLANDIA "INDIPENDENTE"

La Groenlandia, la più grande isola del mondo, ha cominciato ieri a scogliere gli ultimi legami con la madrepatria Danimarca, l'ex potenza coloniale. Lentamente, ma nascerà uno Stato vasto come sei Germanie e abitato da appena 57mila persone. La provincia autonoma della Danimarca
si è espressa in un referendum svoltosi il 25 novembreIl 75,54% degli elettori ha detto sì a un ampliamento della già notevole autonomia (i no si sono fermati al 23,57%), che si estenderà a materie come giustizia e polizia, e darà alla Groenlandia pieni poteri sullo sfruttamento delle proprie risorse minerarie. La Groenlandia ha un'economia molto debole: il 94% delle sue esportazioni è costituito da pesce e derivati e il 30% del PIL è garantito da 400 milioni di euro annui versati dalla Danimarca. Ma le esplorazioni minerarie rivelano che, con il parziale scioglimento (a causa del riscaldamento globale) dei ghiacci che ricoprono l'80% del territorio potrebbero divenire accessibili grandi giacimenti di petrolio, gas, oro e rubini. In virtù del risultato referendario, la Danimarca diminuirà progressivamente i propri sussidi, fino a estinguerli quando i giacimenti minerari garantiranno alla Groenlandia entrate simili. Il sì è stato propiziato dall'appoggio di quasi tutti i partiti locali. Solo i Democratici si sono opposti, sostenendo che il tenore di vita si abbasserà con la fine dei sussidi danesi; i Democratici sostengono inoltre che i groenlandesi non sono in grado di gestire il sistema giudiziario locale (solo l'1% degli isolani è laureato). L'opinione pubblica danese è favorevole all’indipendenza della provincia, per non doverla più sussidiare e perché la Danimarca otterrà comunque parte degli introiti derivati dalla futura attività estrattiva. Se la Groenlandia diventasse indipendente, sarebbe il 13mo stato più grande al mondo, pur con meno abitanti di Andorra. Qualora ottenesse un seggio ONU, occorreranno traduttori in grado di maneggiare l'eschimese. La FIFA riconoscerà la Nazionale di calcio locale solo se verrà costruito il primo campo in erba o in sintetico dell'isola

Monday, November 24, 2008

ELEZIONI IN VENEZUELA




Nelle elezioni regionali di domenica, il partito del presidente Hugo Chavez ha vinto la maggioranza delle regioni (secondo i dati provvisori, 17 dei 22 Stati) ma l’opposizione si è portata a casa le due principali regioni di Zulia e Miranda, le più popolose del Paese, si è imposta anche nell’area metropolitano di Caracas. Zulia e Miranda sono considerati i più importanti Stati del Paese, per il peso economico, per quello demografico (6,6 milioni di abitanti, sui 28 milioni complessivi) e per la loro posizione strategica. L’area metropolitana di Caracas, anch’essa strappata al partito di Chavez. Imponente la partecipazione elettorale, secondo il Consiglio elettorale nazionale (Cne) la partecipazione al voto è stata del 65,45%, che rappresenta il tasso di partecipazione più alto degli ultimi anni a elezioni regionali. Nello Stato di Barinas, che ha un significato politico particolare perchè è quello originario di Chavez, ha vinto suo fratello Adan Chavez, con il 49,63% dei voti, contro Julio Cesar Reyes, attuale sindaco della città, ex membro della coalizione pro Chavez. Oltre 17 milioni di persone erano chiamate a eleggere 22 governatori , 328 sindaci e centinaia di consiglieri regionali e municipali. La “Alleanza Patriottica”, il raggruppamento guidato dal “Partito socialista unito del Venezuela” (PSUV) di Hugo Chavez, ha vinto. Il presidente rimane il politico più popolare del Paese.



Manuel Rosales diventa sindaco di Maracaibo, Rosales guida “Nuova Era” e potrebbe ricompattare le forze socialdemocratiche, liberali e repubblicane, conservatrici ma non reazionarie, in vista delle future presidenziali. Il sindaco si è presentato come il paladino della innovazione e della libertà, di un socialismo alternativo. Nello stato di Miranda vince l'opposizione , grazie all’affermazione di Henrique Capriles, un esponente della dissidenza antichavista riunita attorno al “Club dei prigionieri” politici.

Negli ultimi mesi la popolarità di Chavez era scesa dal 57 al 46 per cento ,così, per fronteggiare l’emorragia di consenso, il presidente ha attraversato con furia il Paese per screditare i suoi avversari. Ha minacciato di tagliare i fondi agli stati ribelli, messo la museruola alla fronda, cancellato dalle liste elettorali centinaia di avversari politici (le “interdizioni”). Nel frattempo favoriva la sua cricca, come il fratello Adan.

Saturday, November 22, 2008

AUBRY VINCE


Il sindaco di Lille, Martin Aubry, ha sconfitto Segolene Royal e ha conquistato la guida del malconcio Partito socialista francese.Ha ottenuto il 50,02 per cento delle preferenze nelle primarie del partito contro il 48,98 per cento della 55enne ex candidata alla presidenza. Il primo segretario uscente, Francois Hollande, ha fatto sapere che convocherà nei prossimi giorni i dirigenti del partito per esaminare i risultati e convalidarli. La contestazione dell’esito del voto rischia di far sprofondare il partito socialista in una crisi ancora più profonda di quella attraversata negli ultimi mesi. Jean-Pierre Mignard, avvocato della ex candidata all'Eliseo, ha invocato un nuovo scrutinio a causa di molteplici contestazioni e iregolarità, una mossa che sembra aver sancito anche sul piano legale la lacerazione del partito, la sua spaccatura esattamente a metà





Martine Aubry, nata Martine Delors a Parigi, 8 agosto 1950. Figlia di Jacques Delors, ha deciso di conservare il cognome del primo marito, anche dopo il divorzio. Ha frequentato scuole cattoliche ed in seguito l'Istituto di studi politici di Parigi dove si è diplomata nel 1972 prima di essere ammessa alla prestigiosa École nationale d'administration. In seguito lavora come dirigente al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e al Consiglio di Stato dal 1991 al marzo 1993 è ministro del Lavoro e della Formazione professionale nei governi di Edith Cresson e Pierre Bérégovoy.E' eletta deputato all'Assemblée Nationale nel 1997.
Nel giugno 1997 è nominata ministro del Lavoro e della Solidarietà nel governo di Lionel Jospin, fa varare una legge che riduce l'orario di lavoro a 35 ore settimanali. Si dimette nell'ottobre 2000 per partecipare alle elezioni amministrative del marzo 2001, in cui è eletta sindaco di Lilla.

Tuesday, November 18, 2008

LA CRISI DEI SOCIALISTI




Il Partito socialista francese all'opposizione non è riuscito oggi a scegliersi un nuovo leader, che si contrapponga al presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, in un congresso segnato da lacerazioni e risentimenti. Il congresso avrebbe dovuto scegliere la linea politica e sanare le dispute interne che hanno paralizzato i socialisti come forza d'opposizione, da quando Segolene Royal li ha portati alla terza sconfitta elettorale di fila, contro Sarkozy, 18 mesi fa. La Royal vorrebbe ancora guidare la riscossa dei socialisti, ma i suoi rivali interni, che la incolpano per la sconfitta alle presidenziali, hanno rifiutato la sua leadership al congresso. Il suo discorso di ieri al congresso ha portato mezza sala ad acclamarla in piedi, mentre l'altra metà la fischiava.Come primo passo per rinnovare la leadership, i membri del partito hanno votato la scorsa settimana su delle "mozioni" concorrenti.
La mozione della Royal è stata la più votata con poco meno del 30%, quella del sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe ha attenuto il 25%, così come la mozione di Martin Aubry, l'ex ministro conosciuta per essere stata l'artefice della legge sulle 35 ore di lavoro. Benoit Hamon, il leader più giovane, della sinistra del partito, ha preso il 19%. Delanoe, Aubry ed Hamon sono uniti soltanto dall'avversione per la Royal, ma non riescono a decidere chi di loro debba affrontarla per la direzione del partito.
Alla fine un voto ci sarà, previsto per giovedì, quando gli iscritti dovranno scegliere tra Royal, Aubry e Hamon, dato che lo scoraggiato Delanoe ha gettato la spugna. Principale punto di frizione tra la Royal e gli altri è se fare un'alleanza con i centristi per le elezioni presidenziali del 2012 e se abbassare il contributo per iscriversi al partito.
Royal è favorevole ad entrambe le cose, ma i suoi rivali sostengono che il partito debba rimanere ancorato a sinistra e che una tessera meno cara contribuirebbe ad indebolirne l'identità. Per vincere sara' necessario ottenere la maggioranza assoluta dei voti, e Segolene spera che la 'gente delle primarie' non la tradisca. Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe invita i militanti socialisti a dare il loro voto a Martine Aubry nella scelta del primo segretario del Partito socialista. (reuters)





Il PS è stato fondato nel 1969 dalla fusione di tre formazioni politiche:Sezione Francese dell'Internazionale Operaia ,Unione dei club per il rinnovamento della sinistra, Unione dei gruppi e club socialisti .Nel 1981 il PS vinse sia le presidenziali (Mitterrand) che le politiche, mettendo fine a 23 anni di dominazione della destra. Segretario del Partito divenne Lionel Jospin. Il governo socialista disegnò un ambizioso e innovativo programma economico-sociale, realizzò importanti riforme, come quella che aboliva definitivamente la pena di morte. A partire dal 1983 il governo Mauroy dovette cambiare completamente la sua politica per una gestione più rigorosa delle spese publiche, provocando le dimissioni dei ministri comunisti e la fine del sostegno del PCF al governo. Inseguito, il PS subì numerose sconfitte elettorali consecutive, che provocarono nel 1984 le dimissioni di Pierre Mauroy, sostituito da Laurent Fabius. L'aggravarsi della crisi economica e della disoccupazione provocò come previsto da tempo la sconfitta del Partito Socialista e la vittoria dei partiti di centrodestra Unione per la Democrazia Francese (UDF, liberale) e Raggruppamento per la Repubblica (RPR, post-gollista), alle elezioni politiche del 1986. In conseguenza, Mitterrand nominò il presidente dell'RPR Jacques Chirac primo ministo. Nel 1988 Mitterrand fu rieletto presidente col 54 % dei voti contro Jacques Chirac e il PS ottenne una maggioranza relativa alle elezione politiche tenutesi poco dopo. Mitterrand decise di promuovere una politica di "apertura" a centristi e personalità apolitiche. Il 1993 per il PS fu un anno drammatico. Il centrodestra vinse le legislative, il PS passò da 258 a soli 54 seggi, e il suo risultato elettorale passò dal 34 % al 17 %, minimo storico. Per le elezioni presidenziali del 1995 divenne candidato del PS Lionel Jospin, che inaspettatamente riuscì a arrivare per primo al primo turno, sorpassando i due candidati del centrodestra Jacques Chirac e Édouard Balladur. Al secondo turno, Jospin fu sconfitto da Chirac con 47% dei voti. Jospin, eletto segretario, riaprì la collaborazione con comunisti, verdi e radicali di sinistra formando la cosiddetta "Sinistra plurale". Nel 1997, Jospin portò il PS a conquistare il 24% dei consensi ed il 43% dei seggi (250) e diventò Primo Ministro di un governo sostenuto anche dal PCF (36 seggi) e dal gruppo "Radicali, Cittadini e Verdi" (PRG, MRC e Verdi; 33 seggi). Si venne, così, a determinare il fenomeno della coabitazione, un governo di sinistra ed un Presidente della Repubblica di destra, il gaullista Chirac. François Hollande si avvicendò alla guida del partito. Alle presidenziali del 2002, il PS candidò Jospin, Jacques Chirac, sostenuto dai partiti che avrebbero dato vita all'Unione per un Movimento Popolare, ottenne il 19,88% dei voti, secondo arrivò a sorpresa il nazionalista Le Pen (Fronte nazionale) (16,8%), che superò di appena lo 0,7% proprio Jospin.

La Royal condusse una campagna elettorale particolarmente mediatica, nel tentativo di scrollarsi di dosso l'idea di "socialista statalista". L'UMP candidò il ministro degli interni Sarkozy, che non faceva mistero di porsi come un gaullista conservatore, particolarmente attento al tema della sicurezza e dell'identità nazionale. L'UDF ripresentò il proprio segretario Bayrou, mente FN ricandidò Le Pen. La sinistra comunista ed ecologista si presentò con sei candidati, anche se questa scelta alle presidenziali precedenti aveva favorito l'ingresso al ballottaggio di Le Pen. Al primo turno prevalsero Sarkozy (31,18%) e la Royal (25,87%). Le Pen si fermò al 10,44%, con un calo, rispetto alle presidenziali precedenti, del 6,2%. Vera sorpresa fu il candidato dell'UDF, il centrista Bayrou, che conquistò il 18,5% dei voti. La sinistra estrema (trotskisti, comunisti ed ecologisti) ottenne il 10% dei consensi e garantì il proprio sostegno alla candidata socialista. Altrettanto fecero i candidati tradizionalisti Nihous e De Villiers (in tutto 3,3%) verso Sarkozy. Decisivi risultarono i voti dei nazionalisti e dei moderati. Il risultato delle presidenziali, se da un lato riproposero il PS come la forza prevalente della sinistra francese, l'unica possibile alternativa ai conservatori, dall'altro palesavano la difficoltà per i socialisti di conquistare il voto centrista, necessario per vincere

Monday, November 17, 2008

ELEZIONI NEL KASHMIR


Si sono aperti, in una situazione di massima sicurezza, i seggi per il rinnovo dell' assemblea dello stato indiano del Kashmir. Le elezioni, previste in 7 round che termineranno il 24 dicembre,sono boicottate dai partiti che si battono per l'indipendenza di questo stato conteso da India e Pakistan e scosso dalla violenza separatista islamica. Polizia ed esercito sorvegliano tutte le strade delle principali citta' del kashmir. I separatisti kashmiri hanno fatto appello al boicottaggio di questo voto che è considerato cruciale per il governo di Nuova Delhi dopo le violente proteste pro indipendentiste di agosto e settembre. Dopo alcuni anni di relativa calma ,è riemerso dalle ceneri un movimento di ribellione contro il governo indiano che da oltre mezzo secolo controlla due terzi della regione himalayana contesa con il Pakistan. Lo stato del Jammu e Kashmir, che da agosto è stato commissariato dopo i disordini, è diventato di nuovo un punto centrale nell'agenda politica del Congresso, il partito di Sonia Gandhi che guida la coalizione di governo e che dovrà affrontare nuove elezioni generali nella primavera del 2009. Il test elettorale kashmiro è quindi visto come una sorta di verifica della legittimità e della capacità di controllo di Nuova Delhi sulla regione contesa che è una delle più militarizzate al mondo. A parte numerosi candidati indipendenti, i principali partiti pro indiani in lizza sono due, il People Democratic Party, vincitore nel 2002 e il National Conference guidato da Omar Abdullah, ultimo rampollo di una dinastia di leader kashmiri e abbastanza critico verso le elezioni. L'unica soluzione per riportare la zona alla normalità, passerebbe attraverso il negoziato con il Pakistan che ha ora un governo democraticamente eletto guidato da Asif Ali Zardari, il vedovo di Benazir Bhutto, assassinata un anno fa. Il nuovo leader di Islamabad sembra essere abbastanza disponibile ad aperture sul fronte del Kashmir, ma per ora la priorità sembra la lotta ai gruppi estremisti di Al Qaida. Con il cambio della guardia alla Casa Bianca la questione kashmira potrebbe ritornare al centro dell'agenda internazionale. Il presidente eletto Barack Obama aveva ventilato l'ipotesi di nominare Bill Clinton come "inviato speciale".




Il Kashmir è una regione della parte settentrionale del subcontinente indiano fra i territori di India e Pakistan, che rivendicano la sovranità sull'intera regione, e Cina che rivendica soltanto la porzione che controlla attualmente (Aksai Chin). La graduale conquista britannica raggiunse il Kashmir nel 1847 quando fu preso il Regno del Punjab che si estendeva fino alla catena dell'Hindukush. Indeboliti dalla guerra e dalla rivolta autonomista, gli Inglesi furono costretti a concedere l’indipendenza nel 1947, creando due stati, India e Pakistan, a maggioranza rispettivamente indù e musulmana. Le etnie fino ad allora convissute nell’ambito dell’Impero indiano si ritrovarono improvvisamente nemiche e si generarono drammatici esodi di popolazioni in un clima di guerriglia e conflitto sociale. La questione kashmira nacque nel momento in cui i principi delle regioni adiacenti ai confini scelsero a quale stato far parte. Nel Kashmir il maharaja indù esitò e venne invaso immediatamente dalle tribù islamiche locali e da irregolari pakistani, optò allora per l'India a patto che la sua scelta fosse ratificata per plebiscito dalla popolazione ma il Pakistan diede l'appoggio agli insorti e la situazione si stabilizzò solo nel 1949, quando intervennero le Nazioni Unite ponendo fine al primo conflitto indo-pakistano conclusosi con la spartizione del territorio: 2/3 all'India, 1/3 al Pakistan.

Thursday, November 13, 2008

ELZIONI NELLA CITTA' SANTA



Gerusalemme torna in mano ai laici. Quarantanove anni, il laico Barkat, un ex ufficiale nei paracadutisti, ha ottenuto il 52% dei voti contro il 43% del rivale, l'ultra-ortodosso Meir Porush. Il miliardario di origini russe Arcadi Gaydamak, invece, non è riuscito a superare il 3,6%.Nir Barkat è il nuovo sindaco di Gerusalemme. Nel suo primo discorso dopo la vittoria nelle elezioni municipali, il ricco uomo d'affari, impegnato nel campo dell'alta tecnologia, ha promesso che sarà il sindaco di tutti gli abitanti della città santa, israeliani e palestinesi. Ex membro di Kadima, Barkat ha lasciato il partito di Ehud Olmert dopo aver criticato il piano del premier uscente a suo giudizio pensato per "dividere Gerusalemme". Durante la campagna elettorale ha promesso che, una volta sindaco, avrebbe dato il via libera alla costruzione di nuovi insediamenti israeliani nella parte est della città santa dove vivono 250.000 palestinesi (che hanno in larga parte disertato le urne). Martedì si votava per il rinnovo di 160 amministrazioni comunali, anche in Cisgiordania e nella Alture del Golan. A Tel Aviv si è confermato Ron Huldai, sindaco uscente vicino ai laburisti.


Tuesday, November 11, 2008

BIRMANIA...




Ventitré oppositori birmani arrestati durante le manifestazioni antigovernative di agosto e settembre dello scorso anno sono stati condannati oggi a 65 anni di carcere ciascuno. Aveva raccontato la dura repressione dei militari contro le marce pacifiche guidate dai monaci buddhisti a settembre 2007 e anche per questo è stato condannato ad oltre venti anni di reclusione. Si tratta di un popolare blogger birmano, noto con il soprannome di Nay Phone Latt, accusato, riferisce la Bbc, di aver messo in rete una vignetta che aveva per oggetto il leader della giunta militare al potere nel paese, il generale Than Shwe. Nay Phone Latt è stato condannato a venti anni e sei mesi da una Corte speciale a Yangon. Giovane ex esponente del partito di opposizione Lega Nazionale per la Democrazia che fa capo a Aung San Suu Kyi, il blogger è stato arrestato il 29 gennaio, tre mesi appena dopo le manifestazioni dei monaci buddisti nella ex capitale - ampiamente descritte dal 28enne esperto di informatica nei suoi blog - che si conclusero nel settembre scorso con una violenta repressione militare ed un bilancio di trenta morti, centinaia di dispersi e migliaia di persone imprigionate.



La Birmania (dal 18 giugno 1989 ufficialmente Myanmar, in inglese Burma), è uno Stato dell'Asia sudorientale. Occupa parte della costa occidentale della penisola indocinese, è affacciato sul Golfo del Bengala e sul mar delle Andamane e confina da ovest a est con Bangladesh, India, Cina, Laos e Thailandia. Attualmente, dopo il colpo di stato del 1988, è sotto il regime militare di Than ShweL'attuale capo di stato, il generale Than Shwe, che detiene il titolo di capo del concilio statale della pace, ha tutti i poteri, incluso quello di poter rimuovere ministeri e i loro membri, prende le maggiori decisioni nel piano delle politiche estere. La maggior parte dei ministeri sono capeggiati da ufficiali dell'esercito, con le eccezioni del Ministero della Sanità, del Ministero dell'Educazione e del Ministero del Lavoro, che sono in mano a civili. partiti politici importanti in Birmania sono la Lega Nazionale per la Democrazia e la Lega Democratica Shan, anche se le loro attività sono regolate dal regime. Esistono molti altri partiti, rappresentanti spesso gli interessi delle minoranze etniche. C'è poca tolleranza per l' opposizione politica e molti partiti sono stati proscritti. Il partito nazionale dell'unità rappresenta i militari ed è sostenuto da un'organizzazione totalitaria chiamata l'Associazione di Solidarietà e dello Sviluppo del Sindacato. Secondo parecchie organizzazioni, compreso Amnesty International, il regime ha poca considerazione dei diritti dell'uomo. Non c'è ordinamento giudiziario indipendente in Myanmar e l'opposizione politica al governo militare non è tollerata.Nel 1989, l'esercito birmano represse violentemente le proteste le proteste del 1988 hanno aperto la strada per le elezioni dell'Assemblea della gente, nel 1990. I risultati dell'elezione successivamente sono stati invalidati dal regimeLa lega nazionale per la democrazia, condotta da Aung San Suu Kyi, ha vinto più del 60% dei voti e più del 80% delle sedi parlamentari nell'elezione nel 1990, tenuta per la prima volta dopo 30 anni.Aung San Suu Kyi ha guadagnato l'elogio internazionale come attivista per il ritorno del governo democratico in Birmania, ricevendo il Premio Nobel per la pace nel 1991. È stata condannata agli arresti domiciliari.

Sunday, November 9, 2008

ELEZIONI IN NUOVA ZELANDA

I conservatori conquistano la Nuova Zelanda

In Nuova Zelanda: i conservatori di centrodestra si sono imposti nelle elezioni legislative. Il partito guidato dal giovane banchiere John Key e i suoi alleati minori disporranno di 65 seggi (su 122) nel nuovo Parlamento, contro i 52 dei laburisti del primo ministro uscente Helen Clark, al governo per tre mandati. Il partito di Key ha ottenuto il 45% dei consensi, il partito laburista si è fermato al 33%. Hanno votato circa 2,9 milioni di neozelandesi. Il partito conservatore dovrà stringere un'alleanza con i piccoli schieramenti della destra conservatrice per avere una maggioranza stabile e governare in tranquillità. Ma non ci sarà bisogno di un accordo a ogni costo con il partito Maori, a cui John Key aveva aperto le porte alla vigilia del voto pur riconoscendo le enormi distanze tra i due movimenti. Il futuro premier neozelandese ha comunque confermato che proverà a guadagnarsi il consenso di questo gruppo, che rappresenta il 15% aborigeno della popolazione, la parte più povera del Paese. In queste elezioni i Maori hanno ottenuto cinque seggi, uno in più rispetto all’ultima legislatura ma due in meno rispetto all’obiettivo dichiarato. John Key è un ex banchiere senza una lunga storia politica, ma noto per l'ambizione e la tenacia. Ha 47 anni ed è in Parlamento dal 2002. Dispone di un patrimonio calcolato in 50 milioni di dollari neozelandesi, ovvero 29 milioni di dollari statunitensi, acquisiti in carriera alla Merrill Lynch. Nella grande banca, John Key ha lasciato nel 2001 il posto di direttore dei mercati per lanciarsi in politica in Nuova Zelanda.

Saturday, November 8, 2008

LE SFIDE DI OBAMA, I SUCCESSI DI BUSH


Ora le sovrane prerogative del potere presidenziale, dopo il voto del 4 novembre, vengono conferite a un afroamericano. L’evento è di portata politica e storica incalcolabile, non solo negli Stati Uniti ma ben oltre. L’ascesa del coloured people era già da tempo manifesta, sia nelle cariche pubbliche, sia nella vita sociale. Basta ricordare gli alti compiti affidati a Colin Powell e Condoleezza Rice, o i riconoscimenti e i successi ottenuti da personaggi come Jesse Jackson, Clarence Thomas, Richard Parsons. Ma ora, con Barack Obama, «il primo nero» è alla Casa Bianca. Obama dovrà governare fra i residui d’ogni pregiudizio razziale, più o meno latente, se non fra movimenti aggressivi eredi del Ku Klux Klan o delle Black Panthers.
Al neopresidente spetterà, nello stesso tempo, la responsabilità di affrontare innumerevoli problemi non risolti e anzi esasperati negli ultimi anni fino alla scadenza del mandato di George W. Bush. Nell’economia, oltre a fronteggiare il collasso di Wall Street che ha contagiato il sistema finanziario su scala internazionale, dovrà intervenire con urgenza sulla crisi dei mutui e dei valori immobiliari che negli Stati Uniti assilla i risparmiatori anche se punisce gli speculatori. Ma dovrà presto affrontare anche fondamentali questioni come il debito pubblico raddoppiato, il passivo del commercio con l’estero, le incognite sulla variabile gestione delle riserve monetarie accumulate dalla banca centrale in Cina e finora investite nei titoli del Tesoro di Washington.
Nello scenario politico e strategico internazionale, gli oneri assunti dalla «superpotenza gendarme» hanno raggiunto lo stadio della massima superestensione. In politica estera, l’agenda del neopresidente comprende i conflitti cronicizzati nell’Iraq e nell’Afghanistan dei talebani favoriti dall’instabilità del Pakistan, il pericolo del nazionalismo atomico iraniano, le difficili relazioni con la Russia di Putin, il proselitismo castrista nel Sudamerica delle sfide anti-yanqui da Chávez a Morales e oltre. Ma non è ancora tutto, anzi c’è molto di più. Rimane il contenzioso ecologico, «una scomoda verità» secondo il film documentario di Al Gore. Sulla questione dell’inquinamento ambientale, infatti, l’emissione massima di esalazioni fino all’effetto «serra» deriva dall’iperconsumo energetico degli Stati Uniti.
È questa la più complessa vertenza internazionale, mentre l’attesa conversione del massimo sistema industriale alle fonti energetiche alternative, con la riduzione dei consumi di petrolio e gas, impone alti costi per un’efficace tutela dell’ambiente. Se non ora, mentre incombe la recessione dell’economia, nei prossimi tempi sarà questo negli Stati Uniti e in ogni società industriale il «problema dei problemi». (corriere della sera)




Bush fino ad oggi è stato, nel bene o nel male, in grado di far fronte a tutti questi problemi. Sarà in grado anche il neopresidente Obama??? La sua inesperienza, soprattutto in politica internazionale riuscirà ad essere colmata dal suo vice Biden e dai tanti clintonianai dei quali si sta circondando??? solo il tempo sarà in grado di darci una risposta, sicuramente l'atteggiamento tenuto da Obama nelle prime battute sul nucleare Iraniano (Obama ha definito inaccettabile il fatto che l'Iran si doti di una bomaba atomica..) ci fanno sperare che ci sia una continuità almeno in medio oriente con la politica di G.W.Bush.

Per quanto riguarda Bush, ricordiamo che è divenuto presidente degli Stati Uniti d'America il 20 gennaio 2001 come vincitore di una delle più indecise elezioni nella storia statunitense, sconfiggendo il democratico vicepresidente Al Gore in 30 dei 50 Stati con una vittoria per poco in cinque collegi elettorali. Gore ha conseguito la maggioranza dei voti popolari con circa 51 milioni di preferenze su un totale di 105 milioni di votanti: un margine quindi di mezzo punto percentuale. Era dal 1888 che un candidato alla presidenza, sconfitto in quanto a preferenze, risultasse eletto grazie ai voti dei grandi elettori. Fu decisivo per Bush il vantaggio di circa 600 voti conseguito in Florida. Nel periodo di crisi nazionale seguito agli attacchi dell'11 settembre 2001, Bush godette per un breve periodo di consensi superiori all'85 per cento. Per alcuni mesi dopo l'attacco, Bush mantenne questi risultati eccezionali (i consensi più alti per un presidente da quando sondaggi regolari cominciarono ad essere effettuati nel 1938), ma gradualmente essi scesero a livelli sempre più bassi. Durante le elezioni per il Congresso tenutesi a metà del mandato presidenziale, nel 2002, Bush ottenne il più alto livello di consensi in elezioni di mezzo termine e di conseguenza il Partito Repubblicano riprese il controllo del Senato e aumentò la sua maggioranza nella Camera dei Rappresentanti. Lentamente questi consensi, soprattutto dopo il secondo mandato sono andati calando, fino a far diventare Bush uno dei presidenti "meno amati della storia degli USA".

G.W.Bush ha governato nel periodo più difficle della storia americana, ha subito un atto di guerra all'interno del territorio americano, ha dovuto combattere contro un nemico "il terrorismo" che trova le sue radici nell'anti-americanismo diffuso nel medio-oriente e non solo, ha condotto due importantissime guerre per "esportare" quei germi di democrazia, che hanno permesso all'America di eleggere un presidente nero... ha dovuto far fronte a governi dispotici anti-americani nati come i funghi in Americalatina (Chavez, Morales, Castro eccecc..), è stato investito in pieno da una crisi economica globale, non causata da lui come molti credono o vogliono credere, ma da una bolla speculativa che è esplosa già presente da almeno 15anni... Per tutti questi motivi, ma soprattutto per il grande spessore con il quale Bush ha saputo far fronte a tutti questi problemi, il giudizio su quello che è stato il 43esimo presidente degli Stati Uniti, non può essere più che positivo. La storia, con i suoi tempi, riuscirà a dare a G.W.Bush il posto che merita (uno dei migliori presidenti della storia americana).

Wednesday, November 5, 2008

I REPUBBLICANI CHE HANNO VINTO

Nelle elezioni americane si votava anche per rinnovare i governatori di 11 stati ,in 4 di questi i repubblicani cel'hanno fatta.

INDIANA: MITCH DANIELS



Il repubblicano Mitch Daniels è stato rieletto governatore dell'Indiana. Daniels, che quattro anni fa è stato il primo repubblicano ad essere eletto al governo dell'Indiana dopo 16 anni, era dato ampiamente favorito nei sondaggi prima del voto. A sfidare Daniels era la democratica Jill Long Thompson, ex sottosegretaria all'agricoltura sotto la presidenza di Bill Clinton. Elias Mitchell Daniels Jr è nato il 7 aprile 1949 a Monongahela, Pennsylvania, nella sua infanzia vive tra la Pennsylvania e la Georgia. Si trasferisce in Indiana dalla Pennsylvania nel 1959, mentre va ancora a scuola. Daniels si laurea in scienze politiche e affari internazionali presso l'Università di Princeton nel 1971 e in dottore in legge Georgetown University Law Center nel 1979. E' americano siriano di prima generazione ed è un membro dell' arabo-American Institute, dal quale ha ricevuto un onorificenza per il suo lavoro nella comunità. Nel gennaio 2001, Daniels ha accettato dal presidente George W. Bush l'invito a prestare servizio come direttore dell' Ufficio di gestione e bilancio (OMB), che ha servito a partire dal gennaio 2001fino al giugno 2003. In questo ruolo è stato anche un membro del Consiglio di sicurezza nazionale. Il 2 novembre 2004, Daniels è stato eletto governatore dello stato dell' Indiana raccogliendo circa il 53% dei voti rispetto al 46% del democratico storico governatore Joe Kernan, che aveva assunto il potere dopo la morte di Frank O'Bannon .Nel suo primo mandato da governatore, Daniels ha cercato di migliorare lo stato della situazione fiscale con severi controlli su tutte le spese statali e per un anno ha aumentato dell'1%l'imposta sulla persona fisica e giuridica in modo da guadagnare più di $ 100.000. Nel 2005, il Governatore Daniels è riuscito a portare lo stato al suo primo bilancio in pareggio dopo otto anni e, senza un aumento fiscale, ha trasformato i 600 milioni di dollari di disavanzo che ha ereditato in 300 milioni di dollari di avanzo in un solo anno.Il governatore Daniels ha utilizzato questo avanzo per restituire centinaia di milioni di dollari che lo Stato, nelle amministrazioni precedenti, aveva preso in prestito dalle scuole pubbliche dell' Indiana.
http://www.in.gov/gov

NORTH DAKOTA: JOHN HOEVEN




John Henry Hoeven III , è nato il 13 marzo 1957, già governatore della North Dakota per il Partito Repubblicano. E' in carica come governatore dal 15 dicembre del 2000, così da renderlo il governatore in carica da più lungo tempo negli Stai Uniti. Prima della sua elezione alla carica di Governatore, Hoeven ha servito lo stato come Presidente della Banca del Nord Dakota,di proprietà pubblica, dal 1993 al 2000. Hoeven è un conservatore, ma su alcune questioni è più moderato rispetto alle linee tradizionali del partito,infatti è per la destinazione di maggiori fondi all'istruzione e per un aumento degli stipendi dei professori nonché un aumento dei fondi per le infrastrutture. E molto conservatore sulle questioni etiche: è contro l'aborto, tranne per i casi di stupro o incesto ed è contro il matrimonio gay e unioni civili. Si oppone alle restrizioni sul possesso di armi da fuoco. Egli ritiene che la sanità pubblica dovrebbe essere fornita solo per gli anziani, che le politiche di lotta al consumo e spaccio di stupefacenti dovrebbe essere materia di legislazione statale e non una questione federale, che i carburanti alternativi sono una soluzione a lungo termine, ma che il petrolio è più necessario adesso.
http://www.governor.state.nd.us/

UTAH: JON HUNTSMAN




Meade Jon Huntsman Jr, è nato il 26 marzo 1960 a Palo Alto, California, USA, è il governatore dello stato di Utah, dopo aver vinto l'ufficio elettorale del 2004.
Huntsman è il figlio di uomo d'affari miliardario e filantropo Jon Huntsman, fondatore dell' Huntsman Corporation. Dopo il college, Huntsman ha lavorato ,alla Casa Bianca, come assistente per aministrazione Reagan. ambasciatore a Singapore per GWBush. Huntsman elenca tra le sue priorità da governatore: lo sviluppo economico, la riforma sanitaria, l'istruzione, l'energia e la sicurezza. Egli ha supervisionato grandi tagli fiscali e ha sostenuto la riorganizzazione dei servizi in modo che il governo potesse distribuirli in maniera efficace in uno stato come lo Utah con una popolazione in rapida crescita. Huntsman vorrebbe espandere l'assistenza sanitaria, soprattutto attraverso il settore privato, mediante agevolazioni fiscali e con la negoziazione dello stato vorrebbe mantenere bassi i prezzi. Egli inoltre è fautore di una proposta per poter utilizzare le assicurazione anche per le cure preventive. Huntsman è sensibile alle questioni ambientali e vorrebbe ridurre il consumo di energia e di carburante nel suo stato. Egli è anche interessato a eliminare le scorie nucleari presenti all'interno del suo Stato. E' il linea col pensiero tradizionale conservatore sulle questioni etiche, aborto, matrimonio gay, controllo sul possesso di armi. Egli inoltre definisce la sua politica fiscale come "business friendly".

http://www.utah.gov/governor/


VERMONT: JIM DOUGLAS



H. James "Jim" Douglas , è nato il 21 giugno 1951, è un repubblicano, e attualmente è governatore del Vermont. Douglas è nato a Springfield, Massachusetts. . Si è laureato al Middlebury College a Middlebury, Vermont, dove era stato attivo in seno al collegio repubblicani. Nel novembre 1972, Douglas è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti nello stato del Vermont, divenne leader della maggioranza in Assemblea durante il suo terzo mandato. Ha lasciato l'Assemblea Generale del Vermont nel 1979, dopo che divenne consigliere del governatore Richard A. Snelling. Douglas è stato eletto segretario di Stato nel novembre 1980, una carica che ha ricoperto fino al 1992. In questi anni ha cercato di farsi eleggere al Senato degli Stati Uniti, ma è stato sconfitto da democratico storico Patrick Leahy. http://governor.vermont.gov/



Il partito Repubblicano ha 4 anni di tempo per riconquistare gli elettori e così ritornare vincitore alla casa bianca. Uno tra questi potrebbe essere un possibile candidato alle prossime presidenziali.

OBAMA: PRESIDENTE


Barack Obama è il nuovo presidente degli Usa. Il primo afroamericano alla casa bianca, a mezzanotte (le sei del mattino in Italia) ha conquistato la presidenza degli Stati Uniti. A quell’ora aveva già vinto nei “battleground states” in bilico tra democratici e repubblicani. Gli stati che hanno permesso al candidato democratico di raggiungere (e superare) i fatidici 270 “voti elettorali” necessari all’incoronazione.I seggi si erano aperti ieri mattina all’alba. L’affluenza è stata molto alta, tra le più alte degli ultimi decenni. File lunghissime di gente paziente e disposta a sopportare operazioni di voto piuttosto macchinose. Più di 130 milioni di americani hanno partecipato alla “elezione del secolo”: tre generazioni di afroamericani e tanti giovani affascinati dal carisma di Obama. I dati più concreti sulla vittoria di Obama, un misto di exit poll e voti scrutinati, in Italia arrivano tra le 3.00 e le 4.00 del mattino (ora italiana). Dopo qualche incertezza Obama vince in due stati chiave: la Pennsylvania e l’Ohio. Con i suoi pesantissimi 21 elettori, la Pennsylvania è lo stato dove i repubblicani avevano investito tutte le loro speranze e le ultime risorse. Di lì a poco le agenzie iniziano a battere la notizia che Obama ha vinto le elezioni. La consacrazione non arriva dalla vittoria in Florida - che viene conquistata dopo uno snervante "too close to call" - ma dagli stati del West e della Costa Occidentale. Per qualche ora John McCain ha creduto ancora di essere l’uomo delle sfide impossibili. Avrebbe voluto sorprendere conquistando tutti gli stati in bilico. Ma era una missione impossibile.Non dimenticheremo John McCain, la sua esperienza, quello che ha visto e vissuto in Vietnam. E sarebbe opportuno che anche Obama, più carismatico, ma anche più giovane e inesperto, non dimenticasse la lezione di Mac.
In entrmbi i casi sarebbe stato comunque un risultato storico: il primo presidente degli Stati Uniti nero e il primo vicepresidente cattolico; nell’altro caso avremmo avuto il primo vicepresidente donna e il secondo presidente a essere stato prigioniero di guerra dai tempi di Andrew Jackson. In termini di Grandi Elettori, in particolare, è finita con 338 per Obama contro 158 per McCain. È più di quanto George W. Bush abbia mai ottenuto, dal momento che vinse 271-266 nel 2000 e 286-252 nel 2004. Ma Clinton aveva ottenuto 370 nel 1992 e 379 nel 1996 Reagan aveva veleggiato su 489 nel 1980 e 525 nel 1984, e bisogna tornare addirittura a Jimmy Carter per avere un presidente democratico con una vittoria meno netta: 297 a 240. Come percentuale è andata 51,7 a 47,1: più o meno quanto aveva avuto George W. Bush nel 2004, e con un vantaggio sensibilmente minore a quello indicato dalla gran parte dei sondaggi. Insomma, se non gli fosse capitata la crisi dei subprime o se avesse avuto più tempo per recuperare, probabilmente McCain ce l’avrebbe fatta. Minima anche l’avanzata democratica in termini di governatori, dei quali peraltro se ne rinnovavano solo 11 su 50: da 28 a 22 per i democratici si dovrebbe passare a 29-21. Mentre più importanti sono i guadagni al Congresso, che permetteranno a Obama di governare con una certa scioltezza. Alla Camera si passa infatti da 233 democratici contro 202 repubblicani ad almeno 245 a 162: 28 seggi ancora da decidere Al Senato da 49 democratici contro 49 repubblicani e due indipendenti si passa a 54 democratici contro 40 repubblicani. La vittoria del senatore dell’Illinois, d’altro canto, è figlia innanzitutto di due fattori indipendenti dalla volontà e dalle capacità dei due candidati: l’impopolarità del presidente uscente (il suo “job approval” non ha mai superato il 30 per cento in questo anno elettorale) e la crisi economica-finanziaria (la vera “sorpresa” che ha messo KO le speranze del ticket repubblicano). Nessun candidato nella storia americana ha potuto contare su una mole di fondi elettorali come quella di cui ha usufruito il candidato democratico: oltre 600 milioni di dollari. Grazie alle sue risorse pressoché illimitate ha contrattaccato su tutti i fronti: da Internet (usato sapientemente) alla tv (inondata di spot) al porta a porta (grazie ad un esercito di giovani obamiani). Così, ha potuto conquistare anche territori repubblicani: Ohio, Virginia e Florida sono lì a dimostrarlo. Il nuovo presidente degli Stati Uniti ha potuto contare su una macchina che ha girato subito a pieno ritmo e che non si è mai inceppata, a differenza di quanto successo prima ad Hillary Clinton e dopo a John McCain. Questa volta, più di ogni altra cosa, gli americani volevano voltare pagina. Obama ha intercettato prima di tutti questa propensione al cambiamento e l’ha cavalcata al meglio colore della pelle, la storia personale, la sua oratoria (questa sì straordinaria) rappresentano un’alchimia di innegabile fascino che ha colto nel segno.