Wednesday, November 5, 2008

OBAMA: PRESIDENTE


Barack Obama è il nuovo presidente degli Usa. Il primo afroamericano alla casa bianca, a mezzanotte (le sei del mattino in Italia) ha conquistato la presidenza degli Stati Uniti. A quell’ora aveva già vinto nei “battleground states” in bilico tra democratici e repubblicani. Gli stati che hanno permesso al candidato democratico di raggiungere (e superare) i fatidici 270 “voti elettorali” necessari all’incoronazione.I seggi si erano aperti ieri mattina all’alba. L’affluenza è stata molto alta, tra le più alte degli ultimi decenni. File lunghissime di gente paziente e disposta a sopportare operazioni di voto piuttosto macchinose. Più di 130 milioni di americani hanno partecipato alla “elezione del secolo”: tre generazioni di afroamericani e tanti giovani affascinati dal carisma di Obama. I dati più concreti sulla vittoria di Obama, un misto di exit poll e voti scrutinati, in Italia arrivano tra le 3.00 e le 4.00 del mattino (ora italiana). Dopo qualche incertezza Obama vince in due stati chiave: la Pennsylvania e l’Ohio. Con i suoi pesantissimi 21 elettori, la Pennsylvania è lo stato dove i repubblicani avevano investito tutte le loro speranze e le ultime risorse. Di lì a poco le agenzie iniziano a battere la notizia che Obama ha vinto le elezioni. La consacrazione non arriva dalla vittoria in Florida - che viene conquistata dopo uno snervante "too close to call" - ma dagli stati del West e della Costa Occidentale. Per qualche ora John McCain ha creduto ancora di essere l’uomo delle sfide impossibili. Avrebbe voluto sorprendere conquistando tutti gli stati in bilico. Ma era una missione impossibile.Non dimenticheremo John McCain, la sua esperienza, quello che ha visto e vissuto in Vietnam. E sarebbe opportuno che anche Obama, più carismatico, ma anche più giovane e inesperto, non dimenticasse la lezione di Mac.
In entrmbi i casi sarebbe stato comunque un risultato storico: il primo presidente degli Stati Uniti nero e il primo vicepresidente cattolico; nell’altro caso avremmo avuto il primo vicepresidente donna e il secondo presidente a essere stato prigioniero di guerra dai tempi di Andrew Jackson. In termini di Grandi Elettori, in particolare, è finita con 338 per Obama contro 158 per McCain. È più di quanto George W. Bush abbia mai ottenuto, dal momento che vinse 271-266 nel 2000 e 286-252 nel 2004. Ma Clinton aveva ottenuto 370 nel 1992 e 379 nel 1996 Reagan aveva veleggiato su 489 nel 1980 e 525 nel 1984, e bisogna tornare addirittura a Jimmy Carter per avere un presidente democratico con una vittoria meno netta: 297 a 240. Come percentuale è andata 51,7 a 47,1: più o meno quanto aveva avuto George W. Bush nel 2004, e con un vantaggio sensibilmente minore a quello indicato dalla gran parte dei sondaggi. Insomma, se non gli fosse capitata la crisi dei subprime o se avesse avuto più tempo per recuperare, probabilmente McCain ce l’avrebbe fatta. Minima anche l’avanzata democratica in termini di governatori, dei quali peraltro se ne rinnovavano solo 11 su 50: da 28 a 22 per i democratici si dovrebbe passare a 29-21. Mentre più importanti sono i guadagni al Congresso, che permetteranno a Obama di governare con una certa scioltezza. Alla Camera si passa infatti da 233 democratici contro 202 repubblicani ad almeno 245 a 162: 28 seggi ancora da decidere Al Senato da 49 democratici contro 49 repubblicani e due indipendenti si passa a 54 democratici contro 40 repubblicani. La vittoria del senatore dell’Illinois, d’altro canto, è figlia innanzitutto di due fattori indipendenti dalla volontà e dalle capacità dei due candidati: l’impopolarità del presidente uscente (il suo “job approval” non ha mai superato il 30 per cento in questo anno elettorale) e la crisi economica-finanziaria (la vera “sorpresa” che ha messo KO le speranze del ticket repubblicano). Nessun candidato nella storia americana ha potuto contare su una mole di fondi elettorali come quella di cui ha usufruito il candidato democratico: oltre 600 milioni di dollari. Grazie alle sue risorse pressoché illimitate ha contrattaccato su tutti i fronti: da Internet (usato sapientemente) alla tv (inondata di spot) al porta a porta (grazie ad un esercito di giovani obamiani). Così, ha potuto conquistare anche territori repubblicani: Ohio, Virginia e Florida sono lì a dimostrarlo. Il nuovo presidente degli Stati Uniti ha potuto contare su una macchina che ha girato subito a pieno ritmo e che non si è mai inceppata, a differenza di quanto successo prima ad Hillary Clinton e dopo a John McCain. Questa volta, più di ogni altra cosa, gli americani volevano voltare pagina. Obama ha intercettato prima di tutti questa propensione al cambiamento e l’ha cavalcata al meglio colore della pelle, la storia personale, la sua oratoria (questa sì straordinaria) rappresentano un’alchimia di innegabile fascino che ha colto nel segno.

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